Presidenti vincenti. I padroni della Serie A

Il presidente che ha vinto il maggior numero di scudetti e´ Boniperti con 9. Andrea Agnelli e Silvio Berlusconi con 8 lo seguono a ruota. Ecco le storie dei presidenti scudettati.

Andrea Agnelli è nato il 6 dicembre 1975. La Juve aveva lo scudetto sul pet?to ed era sola in testa alla classifica, dopo 7 giornate, ma il giorno dopo perse 2-0 il derby: successe tuttto in 3 minuti nell’ultimo quarto d’ora, prima un tocco di testa di Graziani per anticipare l’uscita di Zoff, poi un
rigore di Pulici che aveva preso una gomitata in area da Gentile. Il Napoli passò al comando, il Toro si portò a un solo punto dalla Juve e alla fine conquistò il suo settimo e per ora ultimo scudetto. Vinsero anche al ritorno, i granata: 2-1 sul campo, 2-0 a tavolino per un petardo che aveva colpito il portiere Castellini non rientrato in campo nella ripresa.

boniperti e agnelliFra il 1974 e il ‘78 il Toro rimase imbattuto per 10 derby di fila in serie A, una striscia che non gli era riuscita neanche ai tempi di Valentino Mazzola. Il presidente di quella Juve aveva giocato contro il papà di Sandro, e lo considerava il più forte calciatore italiano di tutti i tempi. Giampiero Boniperti era riuscito a vincere il primo dei suoi 5 scudetti da giocatore solo dopo Superga; e venne sostituito da Vittorio Chiusano nel 1990, dopo averne conquistati 9 da presidente. È suo il record che Silvio Berlusconi non è riuscito ad eguagliare e che ora viene insidiato proprio dall’ultimo dei quattro Agnelli insediatisi al comando della società bianconera. Edoardo il capostipite, dal 1923 al ‘35, fino al giorno della sua tragica scomparsa durante un ammaraggio con l’idrovolante; poi Gianni (1947-54) e Umberto (1955-62), due dei suoi sette figli; e dal 2010 Andrea, figlio di Umberto, che ha lasciato al Milan solo il suo primo campionato vincendo poi tutti gli altri 8.

Sono 47 i presidenti che hanno vinto il campionato dal 1898 ad oggi. Solo uno di loro ci è riuscito con due squadre diverse. Non lo sa neanche Wikipedia, che gli concede appena 14 righe di profilo senza le date (e i luoghi) di nascita e morte. Si chiamava Oreste Carlo Luigi Simonotti, era nato a Verona alle ore 17.40 del 18 agosto 1879, morì a Milano il 14 aprile 1949. Fu amministratore delegato dell’Unione Esercizi Elettrici. Lo chiamavano il sire di Villabella: il Monferrato era il suo regno. Sua la prima macchina vista a Casale. Sposò Vittoria Attilia Manacorda, donna di illustre famiglia casalese, avvenente amica di Gabriele D’Annunzio. Il Guerino lo prendeva in giro per le sue superstizioni: si riempiva le tasche di vecchi chiodi per toccar ferro nei momenti critici. Era in edicola da appena 2 anni, l’ancor giovane guerriero, quando i nerostellati vinsero il campionato nel 1914 interrompendo l’epopea della “nemica” Pro Vercelli che ne aveva conquistati 5 in 6 stagioni.

Difficilissimo il girone piemontese-ligure (Casale e Genoa qualificate con 31 punti, eliminata la Pro con 30), da battaglia il girone finale al Nord (chiuso con un 2-1 in casa Inter: tumulti, 4 espulsi, invasione, un arresto), facile il doppio incontro decisivo, 7-1 e 2-0 alla Lazio. Al ritorno da Roma, per premio, un viaggio “di lusso”, in seconda classe invece della solita terza. E alla stazione di Livorno, il sì di Simonotti alla richiesta extra dei giocatori: un cestino da viaggio con due ali di pollo, insalata, una mela e un quarto di vino. Presidente sino all’entrata in guerra, Simonotti tornò numero 1 nel 1926. Lo storico periodico Il Monferrato, sotto il titolo “Il nuovo presidente del Casale”, lo salutò così: “Nuovo per modo di dire, perché Simonotti (e lasciamo di enumerare i titoli che lo precedono per… economia di spazio) vanta nel Casale una carriera di primissimo ordine, essendo già stato Consigliere e Presidente quando il foot-ball si giocava proprio sul serio, e non si con?sumavano capitali per gli occhi belli, o meglio, per i brutti piedi dei diversi campioni”.

 

  • Boniperti e´ il presidente che ha vinto il maggior numero di scudetti.

 

  • Simonotti trionfo´ con Casale (1914) e Ambrosiana (1930) unico presidente a vincere con due squadre diverse

 

  • Fawcus (inglese) fu l´unico presidente e giocatore contemporaneamente a vincere anche in campo. Era lo scudetto del Genoa del 1900.

 

  • Hermann Bauer a soli 22 anni e´ il presidente più giovane a vincere un campionato 

presidenti serie aNel 1929 cambiò bandiera, facendosi convincere a prendere in mano l’Ambrosiana: serviva qualcuno che pagasse gli stipendi ai giocatori, ripianando i debiti lasciati dalla precedente gestione. Di nuovo in maglia nerazzurra – l’anno prima era bianca con una grande croce rossa – i milanesi vinsero il primo campionato di serie A a girone unico con 2 punti di vantaggio sul Genova 1893. Decisivo il 3-3 nel confronto diretto della terzultima giornata (rimontando da 0-2 e 1-3 con una tripletta di Meazza, e i rossoblù sbagliarono un rigore nel finale) al campo Fossati di via Goldoni, il 15 giugno. Simonotti aveva convinto il duca Marcello Visconti di Modrone, podestà di Milano, a organizzare un’esibizione aerea prima della partita. Pessima idea: molti tifosi si spinsero sui parapetti per vedere meglio i velivoli, qualche ringhiera crollò, ci furono 167 feriti. Che vennero risarciti dall’assicurazione solo fino a un certo punto, poi dovette intervenire la società. Il presidente ci rimise (di nuovo) di tasca sua e a fine 1931 diede le dimissioni. Morì nel 1949, ricordato con un affettuoso articolo da Carlo Bergoglio, il Carlin di Tuttosport e del Guerino. “Un uomo sano e rubicondo, dalla dolce parlata di cadenza veneta, dalle agili movenze di sportivo che rifiutava di sedersi e invecchiare (…) In questi ultimi anni aveva curato particolarmente l’ippica creando un allevamento col colonnello Cerboneschi e partecipando con i suoi cavalli di Villabella a molte corse importanti. Anche nell’ippica aveva vinto (…) Due mesi fa, quando i giornali dettero la notizia che la Federazione pensava di onorare i ‘pionieri’, il buon Simonotti fu amareggiato di non vedere il suo nome nella prima lista. Me ne scrisse accorato, con preghiera di non dire nulla a nessuno”.

Sulla sua tomba, quella della famiglia Manacorda a Casale dov’è sepolto accanto alla moglie Vittoria, nel 2014 vennero poggiati due vasi di fiori e una bandiera nerostellata nel centenario dell’unico storico campionato vinto dalla squadra di una cittadina che al censimento del 1911 aveva appena 34.151 abitanti. Ne aveva anche di meno la città più piccola con una squadra nell’albo d’oro, la Novese del 1922, perché al censimento dell’anno prima erano solo 20.035 a Novi Ligure (in provincia di Alessandria, era la città di Costante Girardengo: vincitore di 2 Giri d’Italia e 6 Milano-Sanremo). Quest’anno la Novese ha festeggiato il centenario ma dopo il fallimento del 2016 è dovuta ripartire dalla Terza Categoria. Il 2 giugno 2019 è stata promossa in Prima battendo 1-0 il Sexadium nei playoff. Altri tempi, quelli dello spareggio del 28 maggio 1922 a Cremona: 2-1 sulla Sampierdarenese, gol decisivo nei supplementari di Carletto Gambarotta, enfant du pays, l’ultimo ad andarsene (nel 1996, a 94 anni) della squadra che vinse il campionato nella stagione della scissione siglata dal “Patto di Novi”.

Le grandi giocarono quello della Confederazione Calcistica Italiana conquistato dalla Pro Vercelli, le piccole restarono nella Figc. Presidente della Novese, Mario Ferretti: padre di Silvio Mario, che diventò famoso 27 anni dopo annunciando la fuga di Coppi nella Cuneo-Pinerolo, al Giro d’Italia del 1949, con la famosa frase “Un uomo solo è al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Maglia con gli stessi colori, quella della Novese, e il giornale della società si chiamava Il Bianco Celeste. Ferretti, il presidente, costruì una squadra super: la stella era Luigi Cevenini detto Zizì, sui tabellini Cevenini III (di 5 fratelli calciatori), strappato all’Inter che senza di lui arrivò ultima nel girone B del campionato CCI salvandosi solo agli spareggi.
Su Repubblica, Gianni Mura ha raccontato così l’affare: “Verrebbe da noi? ‘Ma chì me dan 600 franc al mes’. Mille, disse Ferretti (la famosa canzone sulle mille lire al mese è posteriore: Zizì è il primo esempio di calciatore professionista). ‘E tresent al mè fradel, el primm. Alè, negher su bianch e vegnum tucc a Novi a fà el bagn’. A Novi non c’è mai stato il mare, ma a Zizì importavano i soldi, anche se non era bravo ad amministrarli”. Mura intervistò anche Gambarotta, il pezzo è del 1986. “Caro lei, tutti eran professionisti, mica solo Zizì. Di Novi solo io, l’unico a lavorare con mio papà, avevamo un’officina meccanica e un negozio di bilance. Allenamento solo il giovedì, gli altri figuravano come impiegati al cotonificio Colombo, il cui direttore amministrativo era Ferretti. In pratica ammazzavano il tempo”.

Commissario prefettizio di Novi per 7 mesi, Ferretti fuggì su un autocarro delle brigate nere genovesi il 24 aprile 1945, il giorno prima della Liberazione. La sua Novese (finita in Terza Divisione) si era sciolta già nel 1926, la CCI anche prima, perché la sua esistenza fu limitata a quel 1921/22. Primo presidente Luigi Bozino, secondo Edoardo Pasteur, due grandissimi nomi della storia del calcio del secolo scorso. Bozino è al quarto posto nella classifica dei presidenti con più scudetti: e forse sarebbe secondo, a quota 8 come Andrea Agnelli e Silvio Berlusconi, se non avesse deciso di far giocare la quarta squadra della Pro Vercelli (ragazzi tra gli 11 e i 14 anni) nello spareggio del 1910, vinto dall’Inter 10-3, per protesta contro la data dell’incontro scelta dalla Federazione. Quella Federcalcio che poi diresse per tre periodi diversi negli Anni 20. Baffi a manubrio, ottimo schermidore, fu uno dei più grandi penalisti italiani. La sua tessera fa parte dei cimeli custoditi nel museo del Barcellona. Con lui, la Pro vinse tutti i 7 campionati nel suo albo d’oro (fra il 1908 e il ‘22) e schierò fino a 9 giocatori insieme in Nazionale: Italia-Belgio 1-0, 1° maggio 1913, gol di Guido Ara, quello della celebre fraseIl calcio non è uno sport per signorine”. Tra gli azzurri quel giorno c’era anche Carlo Rampini, 106 reti con la Pro (tuttora un record) in 99 partite, che venne squalificato per professionismo perché rivendeva -.per aiutare i compagni in difficoltà economiche – i sigari che il presidente gli regalava ogni volta che segnava un gol.
Quando Viri Rosetta lasciò la Pro nel 1923 per andare alla Juve, Bozino cercò di calmare i tifosi dicendo: “Noi a Vercelli è sufficiente dare un calcio a un sasso per trovare campioni del calibro di Rosetta”. Suo fratello Paolo andava tutti i giorni a cavallo per la città, suo padre Omero era stato un agente segreto del conte di Cavour, ma il Bozino più popolare fu ovviamente lui, Luigi, di nuovo presidente nel 1935, anno della prima retrocessione in serie B della Pro Vercelli: che finì in C nel 1941, due anni dopo la sua morte.

Il suo successore alla presidenza della CCI, Edoardo Pasteur, non riuscì a primeggiare in campionato quando si ritrovò al timone del Genoa (per tre volte: 1904-09, 1910-11 e nel 1946 come commissario straordinario) ma ne aveva vinti ben 6 da giocatore, tutti i primi 6 dei rossoblù, tra il 1898 – quando il torneo inaugurale fu disputato in un solo giorno da 4 squadre – e il 1904. Questo record è suo, perché fra i presidenti del calcio italiano nessuno ne ha vinti di più in campo: Boniperti con la Juve conquistò 5 scudetti, uno in meno di questo genovese che fu anche arbitro, giornalista (scrisse per la Gazzetta) e componente di 5 diverse commissioni tecniche che sceglievano i giocatori della Nazionale.

presidenti scudettatiPrima di Pasteur, quarto presidente del Genoa, il terzo era stato l’inglese George Fawcus. Socio fondatore (nel 1893), “tempista” per il primo incontro documentato ufficialmente del calcio italiano (Genoa-Selezione Torinese 0-1, 6 gennaio 1898 a Ponte Carrega: lui aveva il cronometro in mano),interessi economici nelle forniture navali e nel commercio del carbone, giocatore di cricket, Fawcus ha un record straordinario: è l’unico ad aver vinto contemporaneamente da presidente e da giocatore. Successe nel 1900, quando disputò entrambi gli incontri – sì, solo due – con cui il Genoa si aggiudicò il terzo titolo consecutivo: 7-0 alla Sampierdarenese, l’8 aprile a Ponte Carrega, e 3-1 all’FC Torinese il 22 aprile al Velodromo Umberto I di Torino. La Gazzetta del 23 aprile, giorno successivo alla finale, non mise una riga sull’incontro. In compenso per la rubrica Football di righe ce n’erano 5, compreso titolino, dalla Francia: “Il campio?nato francese / Violette ci telegrafa da Parigi, 22: / Questa gara venne vinta dal Racing Club de France. Lo ‘stade bordelais’ venne battuto contro ogni previsione”. Peccato che si trattasse di rugby e non di calcio: quella partita (la finale, appunto) venne vinta 37-3 dal Racing… Sulla Stampa un pezzo c’era: “La gara fu interessantissima e si svolse in tre riprese di 45 minuti l’una”. Dava poche righe in più all’incontro (19) rispetto a quelle (15) riservate al banchetto successivo al Ristorante della Borsa. Il Genoa veniva chiamato Football-Club Genovese. E c’era una citazione per un discorso di Fawcus. Che, aggiungiamo noi, vinse quel campionato a 41 anni: più vecchio di Zoff, che con la Juve nel 1982 ci riuscì quando ne aveva 40.

Ne aveva invece solo 22 nel 1898 il predecessore di Fawcus, Hermann Bauer, genovese di origine svizzera, imprenditore nel campo del carbone, il presidente più giovane a vincere un campionato: morì nel 1901. Ne aveva 44 quando si suicidò, nel 1909, lo svizzero Alfred Dick, presidente della Juventus che vinse (1905) il suo primo titolo – l’unico prima della dinastia degli Agnelli – poi tra i fondatori (1906) del Torino e secondo presidente granata. Ne avrebbe avuti 58 all’Olimpiade di Parigi 1924, se davvero vi avesse gareggiato nel ciclismo come dice Wikipedia, l’italo-scozzese George Davidson: in realtà in Francia fece il giudice, anche se era davvero un ottimo ciclista, tanto da aver vinto nel 1886 il titolo italiano in linea. Pure lui è nella lista dei presidenti vincitori di un campionato, quello del 1914/15 col Genoa: nonostante la sospensione per l’entrata in guerra, una classifica al Nord in cui Torino e Inter avrebbero potuto raggiungere i rossoblù nell’ultima giornata, e una finale da giocare (con la Lazio o una squadra napoletana), la Federcalcio decise di assegnarlo a tavolino ai rossoblù. Ne aveva 56 l’inglese Alfred Edwards, che con la sua società costruì i primi insediamenti turistici a Ischia, quando vinse il terzo titolo da presidente del Milan. Era il 1907: da 112 anni nessun altro straniero dovrebbe esserci più riuscito (se il misterioso Giorgio Hulss, Inter 1919/20, era italiano: la storia del calcio sembra non aver tramandato nulla su di lui). Per Joey Saputo, col Bologna, sarà difficile interrompere questa striscia. Ma l’interista Steven Zhang e il romanista James Pallotta possono sperarci, prima o poi…

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