Nuove magliette scatenano le pomemiche dei tifosi

Ogni anno i principali club cambiano e rinnovano le magliette di gioco. Alcuni tolgono le strisce, altri mettono i quadretti o introducono nuovi colori. E´ tutta una questione di marketing ma i tifosastri cosa dicono?

Le marcature preventive le conoscono bene quelli dell’Adidas. Ne hanno dato prova nel lancio della nuova divisa della Juventus per la prossima stagione. Ben consapevoli della buriana che avrebbero scatenato tra i tifosi bianconeri con la rinuncia alle strisce, hanno messo abilmente le mani avanti. Frasi ad effetto, ad alto contenuto emozionale, con lo sguardo puntato dritto negli occhi del tifoso e il dito rivolto verso il cuore: “Questa è più di una maglia. Non temere il cambiamento, guidalo. Osa dettare nuove regole. Fai in modo che le tradizioni non siano un limite, ma un’ispirazione verso il futuro”. Non c’è che dire, uno spot ipnotico, complici le immagini dei big della Juve di nuovo vestiti e una musica che irretisce. Tuttavia, questo non è bastato ad  imbonire il popolo bianconero. La tempesta si è scatenata lo stesso. E non poteva essere altrimenti. Per la prima volta dal 1903, anno in cui è comparso – seppure involon￾tariamente – il bianconero verticale in quel di Torino, la maglia ufficiale della Juventus dice addio alle righe. Hai voglia a scrivere “Be the stripers” e azzardare la giochessa dicendo che le strisce adesso sono due. La verità è un’altra. Ed è quella apparsa agli occhi di tutti domenica 12 maggio 2019, all’Olimpico contro la Roma. Chiellini e compagni si sono presentati in campo vestendo una maglia bipartita: una metà bianca e l’altra nera, separate (o unite se volete) da una righina rosa al centro, in omaggio al colore della Juventus dei pionieri. Maglia a quarti bianconera, come si diceva romanticamente una volta. Maglia che rompe violentemente con la tradizione, quel che succede oggi. Perché le righe nella classica tenuta della Juventus ci sono sempre state, a prescindere dallo sponsor tecnico e dai presunti voleri del mercato. Più o meno sottili e diversamente distribuite, ma non sono mai mancate. Omaggio alla storia bianconera e alla tradizione di casa Agnelli. Adesso le strisce sono sparite. Al di là dell’accattivante spot dell’Adidas, lo strappo c’è. E la notizia è di quelle clamorose. Anche se la Juve per la prossima stagione, è in buona compagnia a proposito di strappi con il passato in tema di prime maglie (per le seconde e terze, si sa, ormai non ci sono più confini alla sfrenata e smodata fantasia dei creativi).

L’Inter, da venti anni griffata Nike per uno dei matrimoni più longevi in fatto di forniture tecniche, è alle prese con i propri tifosi delusi dalla rigatura in diagonale del neroazzurro in corrispondenza della scritta dello sponsor. Una soluzione stilistica che non piace, mai quanto il “gessato” della stagione 2014/15 (divisa nera, con sottilissime striscioline blu, impercettibili dalle tribune, ma anche dal divano di casa): una maglia che sancì una rottura totale con la tradizionale rigatura nerazzurra e che non è più stata riproposta. Fuori dai nostri confini c’è il Barcellona, ancora con la Nike protagonista. Il colosso statunitense ha presentato il nuovo template per i blaugrana per la stagione 2019-20: una divisa a quadretti rossoblù per Messi e compagni. Una maglia “Croazia style” che i tifosi hanno bollato come orribile ed eretica.

Tempi duri per i fans del Barça che già nel 2015 avevano visto i colori della propria camiseta distribuiti non più in verticale, ma in orizzontale, sul modello del Celtic Glasgow. Esperienza durata una stagione e non più ripetuta. Ma la storia del pallone ci ricorda anche altri esempi di fratture dirompenti. La Roma in varie occasioni ha tentato di deviare dal solco dalla sua storia con fughe in avanti. La  più ardita è quella del 1971, caratterizzata da una maglia a righe verticali giallorosse, mai vista in precedenza. Fu usata nel precampionato e per le foto ufficiali della rosa. I risultati negativi delle amichevoli estive (o forse e più verosimilmente le proteste dei tifosi) indussero i dirigenti a tornare al vecchio modello. Dieci anni dopo è la Fiorentina a scuotere le coscienze dei puristi.

Estate 1981. Siamo in piena epoca di novità regolamentari con il via libera agli sponsor. A Firenze si approfitta della situazione. Tessuti lucidi, viola “elettrico” e colletto rossi. Sul davanti spicca un enorme giglio stilizzato contenuto in un cerchio bianco. E’ una botta allo stomaco per i tifosi. La nuova maglia regge un paio di stagioni, poi si torna alla normalità. Nel 1984 ci pensa l’Udinese a dare uno strappo alla storia. La squadra friulana, che già nel 1979-80 era passata  dalle righe bianconere al modello Ajax (ampia banda nera centrale, bianco tutto il resto), adotta una divisa in cui i colori sociali sono disposti a fasce trasversali. Prima d’ora non si era mai vista una cosa simile. Quindi ecco il turno del Pisa che nel 1989 cancella le strisce nerazzurre e si veste con una casacca a quarti targata Hummel. Il template è quello della Danimarca di Elkjaer e Laudrup visto tre anni prima al Mondiale messicano. L’azienda danese, dopo aver vestito con lo stesso modello Aston Villa, Coventry City e Southampton, conquista anche il mercato italiano con la squadra del presidente Anconetani. Una scelta fortunata, il Pisa con la maglia bipartita riconquistò la Serie A. Chiudiamo la rassegna con la scelta rivoluzionaria del Parma “Ape Maia”, che nel 1998-99 accantona il bianco e punta dritto sul giallo e sul blu. I colori vengono distribuiti sulla maglia in ampie bande orizzontali per una scelta vincente (in quell’anno gli emiliani conquistano la Coppa Italia e la Coppa Uefa).

Infine una curiosità, in epoche in cui tutto sembra piegarsi alle leggi del mercato, accanto al mito della camiseta blanca del Real Madrid che non conosce impurità, c’è anche  chi si ribella alla standardizzazione delle divise e batte i pugni sul tavolino della storia. E’ quanto ha fatto alcuni anni fa il Le Havre, la più antica squadra di Francia, che ha rotto con la Nike perché non rispettosa della tradizione. Quando i soldi non sono tutto.

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