I voltagabbana del calcio. Passare al nemico per una manciata di monete d´oro
Sono tanti i calciatori e gli allenatori passati al nemico. Prima idoli indiscussi di una tifoseria e poi chiamati traditori. Ecco i principali voltagabbana del mondo pallonaro.
Prima di Sarri ci furono Altafini core ’ngrato e Aldo Serena che passò dall’Inter al Milan e dal Toro alla Juve. Baggio che lasciò Firenze per i bianconeri. E ancora, Figo, Ronaldo, Capello, Leonardo, romanisti diventati laziali e viceversa. Si consoli, Maurizio Sarri, ammesso che il pensiero gli procuri qualche forma di turbamento: non è lui, il primo core’ngrato che ha ferito Napoli. A gettare nello sconforto un popolo intero aveva già provveduto quarant’anni fa José Altafini; il quale, esattamente come l’allenatore passato alla Juventus, sotto al Vesuvio era stato amato, coccolato, idolatrato. E, proprio come Sarri, aveva ugualmente deciso di saltare la barricata accettando la corte dell’Altra, la rivale numero uno. La più ricca, più forte, più potente.
A differenza del suo epigono, Altafini non aveva neanche fatto il giro più largo. Agli occhi (umidi) dei napoletani, Sarri, almeno, si è fermato per un pit stop di una stagione al Chelsea prima di proseguire la corsa verso Torino. Altafini zompò invece a pie’ pari dal Golfo alla Mole. «Non dimenticherò mai la prima volta che tornai al San Paolo vestito di bianconero: mi fischiarono dall’inizio alla fine», raccontò qualche tempo fa. Era il ’72, ma il soprannome di core’ngrato se lo guadagnò il 6 aprile di tre anni dopo, quando firmò il 2-1 della Juve sulla sua ex squadra, decisivo per la conquista dello scudetto che proprio il Napoli contendeva ai torinesi.«Core’ngrato? Macché: fu la società a vendermi, non io a sbattere la porta», ci disse Altafini, chiudendo la questione. Del resto, che il calcio, italiano e no, sia stato segnato da cambi di casacca che nessuno fino algiorno prima avrebbe pronosticato, non è certo storia di oggi.
I CRAMPI DI SERENA
Prendete Aldo Serena, che negli Anni 80 cambiò quattro volte maglia nel giro di cinque stagioni. E che maglie: dall’Inter al Milan,dal Toro alla Juve.
«Fu faticoso soprattutto il passaggio dal Toro alla Juventus: i tifosi granata non me lo perdonarono mai», dice oggi l’ex centravanti. «Ricordo il primo derby dopo il trasferimento in bianconero. Si giocava in casa loro, segnai dopo 20’ di pancia su tiro sbagliato di Cabrini. Fu una liberazione: mi avevano insultato fin dall’ingresso in campo per il riscaldamento. Avevo talmente tanta tensione addosso,che fui preso dai crampi già nel primo tempo. Ma i tifosi non sono comprensivi per definizione. Ai napoletani che si dimostrano intransigenti e rigidi nei confronti di Sarri, chiedo di provare a mettersi nei suoi panni. Nei panni, cioè, di uno che ha fatto tantissima gavetta partendo dal niente e che a 60 anni è arrivato alla Juve». Il problema è che neanche gli juventini sembrano entusiasti del suo arrivo. Non tutti, almeno. «Per Sarri i primi tempi saranno certamente difficili», riconosce Serena. «Ma, appena avrà plasmato la squadra secondo la sua filosofia e inizierà a vincere, la diffidenza si trasformerà in applausi».
È quanto successe a Fabio Capello. Ai tempi in cui allenava la Roma, era stato ancora più esplicito di Sarri, che negli anni napoletani aveva, tral’altro, minacciato di «querela chi ipotizza un mio passaggio alla Juve». «Non andrò mai alla Juventus», disse il 7 febbraio 2004, salvo poi ricredersi a maggio: «Dopo cinque anni ero esausto di Roma», spiegherà più avanti.
LA SCIARPA DI BAGGIO
E Roberto Baggio? Il suo trasferimento in bianconero nel 1990, dopo 5 stagioni alla Fiorentina, è stato uno dei più traumatici del nostro calcio:per lo spessore del giocatore e per la rivalità che da sempre divide la Viola dalla Juve, tanto per cambiare. A Firenze l’avevano messa nel mirino da quando, nell’82, persero uno scudetto per un punto dai torinesi e, nel ’90, vennero da loro battuti nella doppia finale di Coppa Uefa, col classico contorno di polemiche arbitrali. A maggio dello stesso anno, la notizia del passaggio del “puttino” Baggio alla corte degli Agnelli per 25miliardi. La reazione in città oltrepassò i confini dell aprotesta civile: barricate, cassonetti e auto incendiate, scontri fra tifosi e polizia.
Alla presentazione a Torino, Roby rifiuta la sciarpa bianconera che gli viene offerta. Indosserà invece quella viola lanciatagli dalle tribune a Firenze alla sua uscita dal campo,dopo aver rinunciato a battere un rigore contro la sua ex squadra, nella prima partita giocata a Firenze con la nuova maglia.
FIGO E LA TESTA DEL MAIALE
Tutto il contrario capitò a Luis Figo al suo ritorno a Barcellona con la maglia dell’odiatissimo Real Madrid. Nel 2000 il portoghese era passato dai catalani alle merengues per 140 miliardi di lire: gli epiteti più gentili che si portò dietro furono el traidor,el vendido. Quando tornò al Camp Nou gli lanciarono una testa di maiale.
All’Inter dal ’97 al 2002, 49 gol in 68 partite di campionato, due infortuni gravissimi che lo avevano fatto entrare nel cuore dei tifosi, Ronaldo il Fenomeno si trasferì al Milan nel 2007, dopo un intervallo di 5 anni al Real. Non abbastanza da evitare forti mal di pancia a Massimo Moratti e ai tifosi nerazzurri, sull’orlo dello svenimento quando, nel derby, il brasiliano segnò l’1-0 con un sinistro dal limite, festeggiato portandosi le mani alle orecchie come per dire: “E adesso fatemeli sentire più forte, i vostri ululati”. La gioia di Ronaldo durò poco, il tempo, per i nerazzurri, di ribaltare il risultato sul 3-1 in loro favore. E allora gli ululati di scherno degli interisti diventarono più forti. A parti invertite,indimenticabile la coreografia della curva rossonera nel derby vinto 3-0 con Leonardo, ex milanista, sulla panchina dell’Inter.
A Roma, il cambio di casacca da una all’altra squadra è visto dai tifosi come un insulto alla loro fede sportiva. Eppure succede. Il primo fu Alessandro Ferri nel 1948: era la bandiera della Lazio, passò alla Roma. Un passaggio diretto, come in pochissime altre occasioni, per esempio con Zeman, che nel ’97 passò dalla panchina della Lazio a quella della Roma. Nella maggior parte dei casi – Manfredonia, Mihajlovic, Kolarov… – i transfughi hanno preso altre strade (Juve, Samp, Manchester City, nell’ordine) prima di tornare nella Capitale sotto una bandiera diversa. Nessuno di loro ha però sofferto nel cambio quanto Ciccio Cordova, centrocampista e bandiera giallorossa, che nel ’76 passò dalla Roma alla Lazio: «Il presidente Anzalone mi aveva venduto al Verona», raccontò poi. «Io non volevo spostare la famiglia, così per ripicca pretesi la cessione alla Lazio. Alla prima partita con loro non volevo neanche mettere la maglia, me la buttarono sulle spalle mentre uscivo dal tunnel degli spogliatoi, per ultimo. Al primo derby, in casa della Roma, il mio ex compagno De Sisti mi disse che nel coro dei tifosi che cantavano l’inno del club c’era anche la mia voce. Ma per tutta la durata della mia permanenza alla Lazio, alle partite giocate all’Olimpico venivano i tifosi della Roma in incognito, apposta per vedermi. Lo so perché, dopo, li trovavo fuori dallo stadio a salutarmi».